Su “Il Giornale” di oggi presento un racconto inedito di Emilio Salgari: “Il pazzo del faro”, un documento preziosissimo perché rivela un aspetto inedito dello scrittore veronese, inventore di “Sandokan” e del “Corsaro Nero”. Salgari, infatti, non fu soltanto lo scrittore d’avventura che tutti conosciamo, non fu soltanto il Jules Verne italiano, ma anche un autore raffinato capace di costruire racconti con una doppia chiave di lettura. Quella della semplice prosa di intrattenimento ma anche quella, mai troppo indagata, di attento e fin troppo fine osservatore politico. In pochi, a esempio, ricordano che proprio lo scrittore veronese fu il primo a intuire che il vero pericolo per una nazione sarebbe venuto dal terrorismo.
E già nel 1906, quando scrisse questo racconto, Salgari ipotizzò per il problema terrorismo una soluzione drastica, ma non certo peggiore di altre immaginate ai giorni nostri (a esempio, le carceri di massima sicurezza): il confino in luoghi inaccessibili, ma autosufficienti e autogovernati, come le città galleggianti negli oceani o il Polo Nord: lì sono mandati da America, Europa e Asia tutti gli «esseri pericolosi che turbano la pace» della società, dato che «il mondo ha il diritto di vivere e di lavorare tranquillamente senza essere disturbato. Chi secca si manda nel regno delle tenebre e vi assicuro che nessuno piange».
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