Sulla prima pagina Cultura de “La Repubblica” presento uno scritto inedito di Ernest Hemingway. Una prefazione che lo scrittore americano firmò nel 1929 per introdurre i “Diari” di Kiki de Montparnasse, “La musa che ispirò Man Ray”. Qui presento la mia introduzione e di seguito uno stralcio dell’inedito (l’integrale lo trovate sul quotidiano). Il passaggio che segnalo, in particolare quando Hemingway scrive dell’ “essenziale” della Letteratura, è incredibilmente attuale: quasi un'anticipazione del postmoderno.
Per cinquant´anni sono rimasti sepolti tra migliaia di scatoloni di un appartamento parigino con la semplice scritta «infinitamente preziosi»: sono i diari di Kiki De Montparnasse, la musa ispiratrice di Man Ray, l´amica e complice di artisti come Modigliani, Soutine, Desnos e Picasso. E´ il 1929 e Kiki, "La Regina di Montparnasse", decide di pubblicare un libro in cui racconta la propria vita ma soprattutto ritrae, con ironia e una certa spietatezza tutta femminile, la Parigi dei salotti intellettuali di quegli anni. Il libro suscita immediatamente grande scandalo in Francia e negli Stati Uniti viene censurato entrando, insieme all´Ulisse di Joyce, nella leggenda dei libri proibiti. Il perché lo si può già intuire dall´introduzione di Hemingway, che qui presentiamo e rimasta inedita sino ad oggi in Italia. Kiki è sì la "Regina di Montparnasse" ma è anche, come la definisce ironicamente lo scrittore americano, «una donna che non hai avuto una Stanza Tutta per Sé». Le confessioni della modella imbarazzano gli intellettuali dell´epoca perché mettono a nudo vizi e virtù di un´intera generazione, non ancora del tutta «perduta». L´unico a non scandalizzarsi è proprio Hemingway che, per la prima volta nella sua vita, decide di firmare l´introduzione di un libro. Certamente lo scrittore è affascinato dalla bellezza di Kiki, non a caso la descrive come «un´opera d´arte», ma sembra scoprire in quelle pagine una verità che nei romanzi dei suoi contemporanei non trova. Un Hemingway che nei diari di Kiki trova invece affinità con la “Moll Flanders” di Defoe. Non sono, infatti, soltanto le memorie di «una donna avventurosa» ma «il primo ritratto sincero» di quell´epoca. Un ritratto che ora è possibile leggere nella versione integrale, quella che Kiki riscrisse nel 1937, pubblicata con il titolo “Infinitamente preziosi” dalla casa editrice Excelsior 1881 e in libreria dal 20 luglio (Gian Paolo Serino)
“Le Epoche nascono con facilità sui giornali, e infatti gli editorialisti le inaugurano in continuazione, ma il pubblico - non avendo esse nulla a che vedere con le Epoche reali - le dimentica con altrettanta facilità. A questo punto mi auguro che nessuno sia così irriguardoso da consultare il dizionario per scoprire il significato esatto del termine «epoca», perché così rovinerebbe tutta questa Letteratura con la «L» maiuscola.
L´essenziale nella Letteratura è usare parole come Occidente, Oriente, Civiltà, ecc., che molto spesso non significano un beato nulla, ma senza le quali questa Letteratura non potrebbe esistere. L´esperienza mi ha insegnato che quando si sta in piedi con il naso rivolto a nord, tenendo la testa ben ferma, l´est si troverà a destra e l´ovest a sinistra, e si può elevare il tono del discorso scrivendo queste parole in maiuscolo, anche se è molto probabile che non vorranno dir nulla…”
Ernest Hemingway
Hemingway è scrittore a me caro perchè amava Cuba quanto me, pure se era un po' troppo affascinato da Castro. Sono andato in pellegrinaggio a Cojimar e alla sua casa dell'Avana, per vedere le reliquie e anche all'Hotel Amobos Mundos. Resta il fatto che la sua sola opera che davvero mi ha entusiasmato è Il vecchio e il mare.
Scritto da: Gordiano Lupi | 14/07/07 a 08:54
Interessante l'accenno alla "Lost Gen.". Nel senso che farei cambio - non tanto per la produzione, quanto per l'intenzione.
Anche il tuo pezzo, Ernest, non è male, quindi mi sa che andrò a leggermi il resto. ciao!
Scritto da: IB | 14/07/07 a 12:15
Sì, Il vecchio e il mare, oltre ai racconti, mi sono piaciuti molto.
Mi hanno lasciato piuttosto freddo "Addio alle armi", "Verdi colline d'africa", "Per chi suona la campana" e "Morte nel pomeriggio"; questo è tutto ciò che ho letto di Hemingway.
In generale gli ho sempre preferito Steinbeck.
Scritto da: Renzo Montagnoli | 14/07/07 a 13:13
Dei libri di Hemingway...
Uno di quelli che mi aveva fatto pensare, un giorno voglio vivere così è "Fiesta".
All'inseguimento di un viaggio; nell'imperitura
insoddisfazione.
G.
Scritto da: Giovanna Giolla | 14/07/07 a 14:50
Ma vogliamo sfatare un po' di "miti"? Hemingway è stato un pessimo romanziere: per lui (negativamente) parlano i suoi contenuti. Chi sostiene che l'uomo è più forte di tutto e tutti, ha completamente sbagliato strada. L'uomo nasce sconfitto in quanto uomo. L'hanno sostenuto grandi nomi del panorama letterario europeo, coevi del buon Ernest (il John wayne della letteratura), i quali non offrivano nulla di consolante, ma la nuda e cruda verità.
Scritto da: Barbara X | 14/07/07 a 15:08
Mah. Anche i giudizi, come gli scrittori, sono espressione del loro tempo.
Può darsi che Hem non sia adatto a quest'epoca, che per essa risulti datato, e che torni a piacere in altre epoche.
Quanto al fatto che il suo "uomo" sia sconfitto perché trionfante, mentre quelli d'altri sono trionfanti perché sconfitti, mi pare un giudizio che più da John Wayne di così si muore.
Scritto da: IB | 14/07/07 a 17:23
Magari mi spiego meglio.
1. Non in tutte le epoche gli uomini sono sconfitti in quanto uomini. In alcune epoche inventano gli antibiotici, e si sentono - chessò - un po' migliori di prima. Torneranno quelle epoche? Vedremo... (o meglio, non vedremo: ma si può non aver fiducia nell'uomo futuro? Sì? Ma allora saremmo ancora lì a guardare la gente e a pensare che muore di Spiriti Maligni! ecco che Hem viene utile una prima volta)
2. Alcuni artisti - immaginare che solo i romanzieri si occupino del cuore del mondo è limitativo - hanno la lucidità di cogliere l'amaro nel dolce, mentre altri colgono il dolce nell'amaro? è il loro lavoro. Ovunque vi sia un canto, lì c'è qualcosa che sta lavorando. Ma, ovunque vi sia un controcanto, pure. Spesso, nella vita di un'artista (e Hem è proprio l'esempio adatto), canto e controcanto si succedono in epoche diverse.
3. A volte, l'idea della sconfitta dell'uomo, è progressista. A volte, è reazionaria. A volte l'uomo stesso è reazionario, a volte progressista. C'è molto di umano, in questo, e Hem si è occupato spesso di ciò che era molto umano, e molto maschile. Le vittorie e le sconfitte. Il sangue e la polvere. Lo metteremo nella nostra "teca di Uomo su Terra" quando torneremo su Venere, dopo la tempesta.
Bon, torno ai miei videogiochi. ciao
Scritto da: IB | 14/07/07 a 17:57
IB, qui stiamo parlando di coscienza, non di cultura o di arte. L'essere umano è la sconfitta per definizione, sia che si sposino le tesi nichiliste mirabilmente descritte da Dostoevskij ne I Demoni, sia che si abbraccino le patetiche teorie di Hemingway. Nulla cambia. Non è una questione di angolazione o di ideologia: è un dato di fatto. L'uomo è e resterà sempre il figlio sbagliato (e degenere) di questo pianeta. Hemingway manca di onestà intellettuale, perché non lo insegna, perché non dice quella scomoda Verità miracolosamente enunciata dai cipressi del Carducci: "Intesi allor che i cipressi e il sole una gentil pietade avean di me, e presto il mormorio si fe' parole: 'Ben lo sappiamo: un pover uom tu se'...". Perché a squola bisogna continuare a mistificare il senso di questa come di altre opere? La squola si comporta esattamente come Hemingway: illude, largisce falsità. Nessun uomo è trionfante. Io sono serena perché vivo con la Natura e il mio destino, e non li sfido. Io sono serena perché non ho nessuna paura nell'ammettere che su questo pianeta siamo tutti uguali. Io sono serena perché nego il dio perverso e meschino degli umani, quello che li dopa e -per esempio- fa dire con crudeltà a certi mostriciattoli, che sono a conoscenza del fatto che sono una trans, che io sarei "un uomo". Io sono serena perché pongo la mia vita sullo stesso piano di quella di un qualsiasi altro animale non umano. Io sono serena perché so che dopo la morte non si va in paradiso, ma si va in putrefazione. L'essere umano ha decretato la propria sconfitta quando ha deciso di allontanarsi dalla Natura (creatasi da sé). Non è una questione di epoche o di correnti di pensiero; questo pianeta ha una malattia che si chiama uomo; magnificare questa malattia (come per l'appunto ha fatto Hemingway) mi pare proprio un'operazione priva di senso, idiota e del tutto fuorviante. Non bisogna temere la propria realtà, il proprio microcosmo: le illusioni e le speranze vanno messe al bando. Occorre bucare una per una tutte le palle colorate che ci circondano e restare in mezzo alla strada con lo spillone in mano, il niente intorno e un'espressione rabbiosamente desolata: ecco come porre le basi di una effettiva palingenesi.
Scritto da: Barbara X | 15/07/07 a 01:45
No, guarda, il vittimismo è un sistema di riferimento che crea coordinate di santità: e io coi santi non ci parlo da un pezzo.
Fai affermazioni affascinanti, ma incondivisibili se non su un piano poetico. O filosofico, ma contaminato.
Infatti, a formare (e a rappresentare) quella che tu definisci "coscienza" (...) non intervengono solo "cultura o arte". Staremmo freschi. Anche se poi mi dici che
"L'essere umano è la sconfitta per definizione, sia che si sposino le tesi nichiliste mirabilmente descritte da Dostoevskij ne I Demoni, sia che si abbraccino le patetiche teorie di Hemingway." cioè due autori che, per quanto potessero sposare delle "teorie" (...) sono due esponenti della "cultura" e dell'"arte".
Se vuoi parlare di coscienza in sé, chiama un filosofo e mettilo qui a parlare di coscienza, di libertà e di altri concetti: anzi, prendine due, perché in genere si scannano, sull'argomento. Io ti parlo di esperienza. E' talmente poco vero che nulla cambia, a livello di coscienza dell'uomo, nei termini dell'esperienza, che per me che sto studiando è letteralmente impossibile comprendere le umanità di altre epoche. La loro coscienza, banalmente, era sviluppata in modi così diversi dai nostri che non a caso la sensibilità di un numero eclatante di poeti e scrittori l'ha definita "innocenza" o ha inneggiato all'"età dell'oro". Marziani. Vivevano nella natura come dici di far tu (la famosa foresta Internet...). Ma se tu gli avessi detto che l'uomo è una misera creatura ti avrebbero guardato strana: uno ti avrebbe detto "certo, poiché è creatura di Dio!", e avrebbe SORRISO; ma l'altro - a quindici chilometri di distanza - ti avrebbe detto "e Dio è il nostro imperatore". Ingenui? Cretini? Pri-mi-ti-vi? Nella meschinità dell'uomo non ci trovavano nulla di male: non ci trovavano la putrefazione, ma il 3.14, e senza wikipedia. I loro discendenti hanno trovato altre cose, tra cui la meschinità dell'uomo, che è un prodotto della coscienza e non la coscienza in sé. NON SONO gli stessi uccelli che volano nel cielo cinquecento anni dopo.
Già, certo, sono scomparsi. Putrefatti.
Bastano pochi passi su questo pianeta di "meschini" e altre categorie decadenti, per trovarsi su pianeti diversi. Non siamo tutti uguali.
L'accrescersi delle diversificazioni in un'epoca di banale globalizzazione è un'interessante reazione mutogena su un pianeta che si vorrebbe (dall'alto)omologare ai vari susseguenti modelli dominanti. Io già fatico a riconoscermi nel modello che mi proponi tu. Ma proprio questo mi fa ben sperare.
ecc. ecc.
Scritto da: IB | 15/07/07 a 08:34
@Barbara x
Hemingway manca di onestà intellettuale, perché non lo insegna, perché non dice quella scomoda Verità miracolosamente enunciata dai cipressi del Carducci
Insomma, a parte che non capisco perché hem avrebbe dovuto uniformarsi a Carducci-pessimo-poeta. ma questa è una boutade, come dire che ogni scrittore come ogni uomo porta avanti la sua ricerca, contaminata di successi e di cadute.
La patina del machismo in Hem è davvero una patina. Sotto ci sono due cose importantissime. L'ossessione dello stile, che fanno di uno scrittore un grande scrittore. E l'ossessione stoica del sopportare. che contraddice a mio avviso quello che dici. hem non è solo la giovinezza perduta di Fiesta o l'apologia della morte e della lotta di Morte nel pomeriggio. In avere o non avere, o di là dal fiume e tra gli alberi c'è un bellissimo sentire lo strazio di non potere in nessun modo fare altro che sopportare il dolore di essere umano. E nei 49 racconti c'è quel piccolo capolavoro di racconto: quando Nick va al campo indiano col padre e scopre che dopo il parto una donna può anche morire. C'è tanta di quella pietas in quello ultimo sguardo del ragazzino che all'alba sente che il bambino ha smesso di piangere, sul corpo freddo della madre, da far piegare tutti i cipressi italici.
Scritto da: ellepi | 15/07/07 a 12:38
Ma non capisco perché "gli altri da me", quando pongo certe questioni, debbano sempre impantanarsi nella fanghiglia delle circonlocuzioni. Se mi si vuole rispondere, si dovrà affrontare almeno l'1% di quello che ho scritto: e invece manco quello. E' come se io dicessi: "Ieri ho comprato una marmitta a Pechino", ed ellepi mi rispondesse: "C'è un allevamento di bertucce nei pressi dello stretto di Gibilterra". Che c'entra questa replica con la mia affermazione? Al di là di certe sciocchezze, è palese la volontà da parte di tutti di sopprimere la Verità naturale. Che vi piaccia o no, i cipressi dicono a Carducci: "Tu non sei un poveretto perché non vuoi fermarti qui con noi a rivivere la tua infanzia: tu sei un essere sfigato perché sei un uomo". Insomma, non si trattava di uniformarsi a Carducci (?), ma di rispettare l'unica verità naturale, che tanto fa paura agli esseri umani (me esclusa, a quanto pare). Ora vi faccio ridere (ammesso che non l'abbia già fatto): il mio filosofo preferito è l'asino. Non c'è Rousseau che tenga: il mio filosofo preferito è l'asino. Sono molto seria al cospetto delle vostre risa.
Scritto da: Barbara X | 15/07/07 a 12:59
"Occorre bucare una per una tutte le palle colorate che ci circondano e restare in mezzo alla strada con lo spillone in mano, il niente intorno e un'espressione rabbiosamente desolata: ecco come porre le basi di una effettiva palingenesi."
E' l'equivalente sentimentale del cogito di Cartesio: rifiuto della saggezza delle generazioni passate, infinita presunzione e sotto sotto onnipotenza narcisistica di chi non ha mai accettato l'incarnazione. Sei in buona compagnia, Barbara: quello che scrivi è la cifra del post moderno.
Religione dell'ombelico.
Scritto da: valter binaghi | 15/07/07 a 13:58
@Barbara
Beh ho riportato una parte del tuo pezzo proprio perché è da lì che prendevo le mosse, difficile dire che il discorso non c'entri nulla, o che sia il nada. O meglio, lo si può dire. C'è chi l'ha fatto.
Scritto da: ellepi | 15/07/07 a 16:49
Sarà sicuramente perché io mi esprimo male, ma guarda che Cartesio, in quello che ho sostenuto in precedenza, c'entra meno di Heather Parisi: disco disco dove io sono veramente io è fantastico super fantastico è la dimensione che mi fa vivere con te l'avventura che c'è dentro di me. Tra l'altro il mio inconscio si rifiuterebbe di considerare Cartesio: l'ho sempre consciamente e rispettosamente detestato. Tu, e non solo tu, citi le mie spettacolose parole; le palle colorate sono le menzogne che ci (vi) fanno stare bene: eliminandole si dovrebbe stare peggio, giusto? E allora perché eliminarle? Io ti dico che la concezione che aveva dell'essere umano Hemingway è una palla colorata, cioè una menzogna: e io ve la buco senza pietà. Onnipotenza narcisistica? Ma no, semmai la mia al massimo può essere quell'autoginefilia tipica delle donne come me, vaga pulsione intima che si consuma del tutto in privato: non preoccuparti, è normale. (Speriamo che riaprano presto i battenti i blog e i forum che frequento di solito, perché a stare qua mi viene la verminaia: vi dispiace se me ne vado, vero?)
Scritto da: Barbara X | 15/07/07 a 16:58
uteropensiero?
Scritto da: valter binaghi | 15/07/07 a 19:02
Sei un medico, Valter? Prima l'ombelico, ora l'utero. Chissà quale sarà la prossima parte anatomica femminile che andrai ad esplorare. Comunque se sei un ginecologo che esercita in zona Milano, fammelo sapere: così vado altrove.
Scritto da: Barbara X | 15/07/07 a 20:37
Ipercinetica?
Scritto da: valter binaghi | 15/07/07 a 23:39
Barbara x, non capisco perchè sia necessario ridurre tutto al gineceo.
Mi sembra che tu abbia argomentazioni, come hai mostrato, ben più importanti.
Nessuno credo voglia che tu te ne vada: basta non ridurre la conversazione sempre a uno scontro. Può essere simpatico se, come è stato, è un dibattito: quando si riduce a schiocchezzaio (senza scomodare flaubert...) risulta meno interessante rispondere.
Gian Paolo
Scritto da: Gian Paolo Serino | 16/07/07 a 08:24
Neanch'io, Barbara.
Sono solo uno che si diverte con poco.
Scritto da: valter binaghi | 16/07/07 a 11:02
Neanche tu cosa? Comunque, Serino, ho obiettivamente molto da fare e da pensare, so che mi stimi, ma -ahimè- mi sarà difficile tornare nel tuo blog
Scritto da: Barbara X | 16/07/07 a 15:33
Caro Gian Paolo,
sarebbe bello dare un'occhiata agli archivi, e oggi è davvero semplice, prima di parlare di inediti hemingwayani. La prefazione di Hemingway e il libro di Kiki sono stati tradotti e pubblicati in Italia da Sugar nel 1966 con il titolo di "Le memorie di una modella". L'autrice risulta Alice Prin, vero nome di Kiki. E meno male che vi preparate bene, sui libri che recensite.
Scritto da: Gianni | 17/07/07 a 23:27
@Gianni: "Le memorie di una modella" a cui ti riferisci (tra l'altro c'è stata anche un'edizione del 1974 pubblicata da Longanesi) non presentava l'introduzione di Hemingway ma soltanto il giudizio "la donna che non ebbe mai una camera da letto".
In quelle 2 edizioni, tra l'altro, la versione dei "diari", come si evince dal mio articolo, è quella del 1929; quella ora pubblicata, per la prima volta, è l'edizione integrale del 1937.
Ti ringrazio comunque delle tua attenzione.
Fa sempre piacere incontrare lettori anonimi ma attenti
Scritto da: Gian Paolo Serino | 18/07/07 a 09:59