“Io non mi sento italiano, ma per fortuna o purtroppo lo sono”: questa frase di Giorgio Gaber si adatterebbe benissimo ad inquadrare Gabriele Romagnoli e il suo ultimo libro di racconti “Non ci sono santi”. Racconti scritti da una dei narratori e giornalisti più acuti degli ultimi decenni. Capace come pochi di raccontarci il “Viaggio in Italia di un alieno”, come sottolinea il sottotitolo, attraverso gli occhi e la penna di uno scrittore che usa l’arma dell’ironia, a volte ferocissima, per descriverci situazioni solo in apparenza surreali. Al surreale, infatti, si è sostituita la realtà: certe situazioni descritte nel libro sembrano invenzioni letterarie, ma sono in realtà cronache sospese tra narrazione e radiografia sociale. Giornalista e inviato per periodici e quotidiani Romagnoli è quasi sempre in giro per il mondo: Beirut, Il Cairo, New York sono la sua seconda casa. Da lì ci racconta, con reportage e articoli, mondi non sempre soltanto geograficamente lontani dal nostro. Quando torna in Italia Romagnoli fotografa, ma con la penna, la (ir)realtà che ci circonda, ci pervade, ci si insegue: senza scampo. Un Paese, l’Italia, in continua involuzione: sempre con la marcia indietro inserita e il motore al massimo dei (fuori) giri. E’ un’Italia grottesca ma vera, comica ma amara dove l’ossessione di apparire, il trasformismo, l’assenza di moralità hanno ridotto gli italiani da persone a personaggi di un teatro sempre in scena. In dieci capitoli Romagnoli riesce a regalarci una TAC cartacea che ci avvince e al contempo ci costringe ad un riso amaro. Certo spesso si tratta di protagonisti caricaturali, ma la verità è proprio dietro queste maschere del sociale. Il nostro.
Vorrei partire dalla fine (del libro) quando scrivi: “Piero Gobetti credeva nella storia come processo continuo di libertà, in un impegno che anteponesse la legalità agli interessi particolari…” Un’immagine di strettissima attualità nella nostra italietta…
E’ di attualità da anni. Negli ultimi tempi è diventata soltanto più evidente, come fosse passata dalle pagine interne alla prima. L’apoteosi è stato l’ormai e presidente del consiglio che dà del coglione a chi sceglie non valutando come prima motivazione il proprio interesse particolare. Ma lui non era un’anomalia. Il Paese lo ha scelto perchè considera logico agire anzitutto per il proprio tornaconto. Se poi la legalità pone un ostacolo, si aggira o si rimuove. Si è spesso confusa l’idea di libertà con l’assenza di regole. E chi la fa franca si è conquistato più ammirazione che riprovazione.
Sei davvero convinto che in Italia non ci siano più “santi né eroi”?
Anche pochi navigatori se è per quello. Semmai velisti azzimati. No, non vedo nè santi nè eroi, ma non è un problema. Accorgersi che non ci sono santi a cui votarsi è il primo passo nella giusta direzione: bisogna farcela da soli, crescere senza aspettare miracoli, smetterla di credere alle promesse. Da qualunque parte provengano.
Quella che emerge dal libro è un’Italia iperindividualista, popolata da Narcisi del Nulla…
Ce ne sono in giro parecchi. I quindici minuti di popolarità sono stati concessi ormai a chiunque. Il narcisismo è dilagante. Si fa qualcosa per essere notati, non per il piacere o la necessità di farlo. Anche scrivere è diventata per troppi un’attività tutta proiettata su quel che accadrà dopo la pubblicazione. Da’ più gioia una tartina alla presentazione, un’intervista alla radio che un paragrafo originale (forse perchè è più difficile da ottenere).
Da “alieno”, credi che il nostro sia davvero un paese di alienati?
In larga parte sì. Uno dei problemi è credersi l’ombelico del mondo. Pochi come gli italiani parlano solo dei problemi italiani, quando va bene. Spesso non si esce da quelli del condominio. Si sta lì, si guarda la televisione, si esce per comprare i prodotti visti nelle pubblicità, i giornali e le riviste che hanno in copertina le facce del piccolo schermo, ogni tanto ci si confessa. Alla fine tutto il Paese è una grande casa del Grande Fratello.
In fondo, allora, non è cambiato molto dagli “ectoplasmi” descritti da Bianciardi o dagli “omologati” di Pasolini?
E’ cambiato il fatto che oggi ci sono più strumenti e conoscenze e possibilità per fare un salto di qualità, ma colpevolmente non ci si riesce. Ogni strumento di comunicazione diventa strumento di alienazione. Pensi ai cellulari e soprattutto al servizio sms. Una delle figure più diffuse e patetiche dell’Italia contemporanea e’ un tizio seduto sugli scalini che consulta la rubrica del proprio cellulare. Non ha bisogno di dire veramente niente a nessuno, ma lo sta per fare, per inerzia. Intanto, intorno a lui, ci sono persone vere, natura, arte, treni che partono, vita che non si gode.
Uno dei temi portanti del libro è che “la realtà è diventata rappresentazione”…
Più esattamente: la rappresentazione ha preso il posto della realtà. E’ più facile trasmetterla e per i fruitori non c’è più differenza. L’esempio sommo è la coppia di Bergamo che viaggia fino al cuore dell’Egitto per vedere il tempio di Abu Simbel, poi si ferma al bar prima dell’ultima curva “tanto l’aveva già visto a Gardaland”. Credevo fosse un caso limite, poi un agente di viaggi mi ha rivelato che la maggior parte degli italiani in crociera sul Nilo chiede lo sconto perchè “Abu Sibel l’ha già visto a Gardaland”
"Viviamo nella nebbia: chi non appare non esiste..."
E’ così. Ieri ho incontrato due persone che conosco. La prima mi ha detto: “Complimenti! Ho visto una pubblicità del tuo libro!”. La seconda: “Complimenti! Ho letto una recensione del tuo libro!”. Se ne incontravo una terza, forse, complimenti o no, aveva letto il libro. Ma per le altre due bastava, perchè si congratulassero, la visibilità del libro, del mio nome. Fossi stato l’autore della Pagine Gialle non avrebbe fatto differenza.
Scrivi che un tempo i giovani sognavano la Rivoluzione. Si “autodistruggevano” invece di “costruirsi un profilo”…
A ripensarci provo quasi tenerezza. Per quelli che si facevano, per chi è andato in India, per chi si è ammazzato. All’epoca pensavo con rabbia che fossero stupidi. Alla fine i sopravvissuti sono quelli che si sono venduti. E hanno insegnato la lezione (e come compilare il curriculum) ai figli.
“Le nuove generazioni che alle barricate hanno sostituito le comparsate…”
E’ un fatto. Non è un rimpianto per le insurrezioni mancate. Semplicemente: la maggior parte dei ragazzi oggi preferirebbero andare a un talk show del pomeriggio a esprimere le loro opinioni, piuttosto che organizzare un corteo per farlo. Resta la differenza che il corteo affronta problemi di tutti, al talk show discutono di questioni private.
Un’Italia che sintetizzi, con spietata ironia, nel Signor Ni (quasi “Il conformista” di Gaber): un quadro piuttosto inquietante…
E’ un’Italia dove molti si trasformano, da una parte e dall’altra, ma pretendono di essere sempre stati così, semmai si è trasformato il mondo intorno a loro. Il Signor Ni è il punto d’arrivo, la Grande Coalizione (mica a caso evocata anzitempo), il Pensiero Unico Globale e Asimmetrico che assorbe le contraddizioni, si adatta alle situazioni e ci conforma tutti
Gian Paolo Serino
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